L’incontro con le mamme di Penelope in Campidoglio in occasione dei 20 anni dell’associazione.
Sono le mamme di Penelope, quelle che vivono sospese nell’attesa di una telefonata, un corpo, un frammento di DNA. Le mamme di Penelope, le ho viste con i miei occhi, hanno trasformato il baratro della scomparsa di un figlio, nella forza di trovare una soluzione per sé ma soprattutto per gli altri. Se ne parla poco ma a tutte può capitare, un giorno, di non avere più notizie del proprio figlio perché sarà, così, svanito nel nulla.
Ho pensato “chissà quante volte questa mamma ha raccontato la sua storia, chissà quante orecchie l’hanno udita e a quante persone – come a me – il naso ha iniziato a pizzicare, il respiro a diventare quasi apnea e le palpebre a voler racchiudere e mandare giù queste lacrime.”. Quando una mamma di Penelope racconta la sua storia è inevitabile immedesimarsi in lei. Anche se la tragicità della scomparsa di un proprio caro non ci ha mai coinvolti. Le sue parole entrano nell’animo anche di chi sente ogni giorno parlare di scomparsi. Ho osservato gli occhi di tutti i presenti in quella sala del Campidoglio e la loro postura: chi sbarrava gli occhi, chi avvicinava le mani al cuore, chi alla gola. Si è inermi davanti alle parole di una mamma di Penelope.
Dicono che il vero successo di una mamma sia quello di tagliare il cordone ombelicale del figlio per farlo andare via. Queste mamme, invece, hanno l’arduo compito di tenerlo ben saldo e tenere vivo il ricordo di un figlio scomparso affinché se ne parli, affinché la Procura si ricordi “di quella ragazza scomparsa con la sua Toyota Yaris e mai più ritrovata” quando troveranno un’automobile dello stesso modello oppure “quella scritta sul braccio, ricorda tanto il tatuaggio di quel ragazzo svanito nel nulla in un normale pomeriggio di Febbraio”. Parlarne però ho capito che non basta. Ci vuole collaborazione e sinergia tra le autorità, la politica, i media e la società. Ci vuole organizzazione e volontà di strutturare un iter che consenta a tutti gli operatori sul territorio di partire immediatamente con le ricerche, di condividere le informazioni e di non dimenticarsi dello scomparso quando il clamore mediatico, se il caso ha la fortuna di passare dai media, affievolisce.
Dalle parole delle mamme di Penelope, ho capito che a volte la vera fortuna è trovare il corpo senza vita del proprio figlio. L’attesa logora più che mettere un punto alla fine di un capitolo di ricerche. Perché dal momento della scomparsa, nulla è rose e fiori. I parenti ti staranno vicini ma nei tuoi momenti di solitudine dovrai fare i conti con le domande, i sensi di colpa, il pensiero di “dove è ora? È consapevole che ogni minuto della mia vita, non faccio che pensare a lui?” e il desiderio di vederlo ancora varcare la porta, sentire il suo profumo e la sua chitarra echeggiare per casa, viverlo in tutto anche nei suoi difetti da adolescente o semplicemente fermarti ad osservarlo nelle sue espressioni e dire tra te e te “questo è proprio mio figlio”.
Le mamme di Penelope non si meritano i discorsi pieni di retorica, lo scandisce bene in quella sala del Campidoglio a piena voce Don Marcello Cozzi, e neppure di essere circondate da persone che dietro le scomparse si sono costruite fama e visibilità. Le mamme di Penelope si meritano tutto il supporto possibile perché loro, da vere mamme, hanno fatto davvero l’impossibile: hanno gridato nei palazzi per far sentire la loro voce, hanno condiviso le loro strazianti storie sperando di scuotere gli animi, hanno stravolto le loro vite per dare un significato a quella scomparsa, cercando di trovare un equilibrio tra la speranza e i pensieri più cupi.
Laura Barbieri (Presidente di Penelope Lazio) in occasione del 20° compleanno di Penelope, con la sua figura minuta ma un animo davvero bruciante spera che l’associazione tra altri quattro lustri non abbia più motivo di esistere. In quella sala lo hanno sperato tutti, anche io che da poco ne faccio parte e che a rileggere oggi i miei appunti ho rivissuto quelle stesse emozioni, di parole vere (e di lacrime trattenute).
Avrei voluto scrivere un riassunto più obiettivo dei 20 anni di Penelope Italia, riportando citazioni e nomi…ma come si fa? Provate ad ascoltare una mamma di Penelope e capirete.
Queste mamme sono la voce più delicata e coraggiosa che io abbia mai ascoltato.
Io avrei voluto abbracciare una mamma di Penelope per dirle “sono con te” ma chi sono io per capire quel mondo di emozioni e di battaglie?
Sara Piras
(Volontaria di Penelope Lombardia)